Casa di
Marlurita – Pacentro (AQ)
La casa
Marlurita
In questa
casa ha vissuto fino agli anni 70 “Mariurita Chiàchiò” (classe 1890), al
secolo Maria Loreta Pacella. Personaggio noto in paese per le sue
qualità, diciamo, curative. Marlurita, infatti, era depositaria delle
formule e procedure per “guarire” i colpiti da malocchio o, come si
diceva ai suoi tempi, era brava a “ritirare” il malocchio; ma sapeva
anche curare il mal di denti con l’impiego di oggetti metallici e frasi
magiche. La sua casa (che a periodi ha alloggiato persino due famiglie)
è rimasta cosi come lei l’ha lasciata quando mori nel 1978: senza acqua
potabile (che attingeva dalla conca di rame riempila alla fontana del
paese) e con la corrente elettrica a limitatore, cioè con
l’illuminazione fornita da una lampadina di poche candele. Il grande
focolare all’angolo della stanza era il centro vitale della vita
familiare: ospitava il paiolo per cucinare le povere minestre contadine
e la polenta; riscaldava l’ambiente riempiendolo di fumo che anneriva
ogni cosa; raccoglieva tutti seduti intorno a sé, per le chiacchierate
ed i racconti serali, mentre le donne di casa procedevano a piccoli
lavori domestici come la cernita di fagioli, lo sferruzzare maglie e
calzerotti, lo sgranare il granturco. La stanza fungeva da soggiorno,
cucina e sala da pranzo ed ai ganci delle pareti erano appesi gli
attrezzi agricoli, il vasellame ed i coperchi per le faccende
domestiche. Quasi tutto risultava di produzione autarchica e le stesse
scatole di latta, una volta svuotate, si prestavano ad essere impiegate
come recipienti domestici, recuperando anche i fondi per ricavarne
coperchi. Unico mobile d’arredo era “lu spraine”, cassapanca con piedi
alti e coperchio convesso, dove venivano riposti gli alimenti e qualche
oggetto di valore. La lampada a olio illuminava la camera con il letto
costituito da cavalletti in ferro, i “sègge” e sovrastanti tavole a
sostegno di un saccone di cotone pesante riempito di foglie secche di
granturco, “le spulature”, o di paglia, per coperta un
pesante tessuto di panno lenci.
Sotto il letto, cosi come la “previdente” Marlurita qualcuno teneva
pronta la cassa da morto, comperata in eccezionali momenti di
disponibilità economica o grazie a sofferti risparmi. Ai piedi del letto
la cassapanca per la biancheria, costituita dai pochi e semplici capi
della dote o tessuti al telaio di casa. Il vestito della festa era
costituito dal tradizionale costume pacentrano mentre per l’uso
giornaliero le donne indossavano la gonna e la vita (corpetto che in
tempi più recenti aveva sostituito, alleggerendolo, il più impegnativo
busto). Nel mobile sgangherato che faceva da comodino era posto il vaso
da notte per i bisogni corporali e da svuotare nella stalla per
ricavarne concime per i campi e, se non si disponeva di una stalla al di
sotto dei vani abitativi, di buon grado si dividevano gli angusti spazi
con l’asino che, come un normale animale domestico, conviveva con la
famiglia, fungendo anche da unico mezzo di riscaldamento della casa.
Certo, comunque, che chi all’epoca possedeva un asino poteva ritenersi
ricco e fortunato. Dopo la partenza dei fratelli per “la Merica” e dopo
la morte dei genitori e della sorella maggiore. Maria Loreta era rimasta
da sola in questa casa dove ha consumato le sue giornate (che
terminavano già alle cinque di sera) confortata dai ricordi e dagli
incontri con i paesani che gli hanno voluto bene.
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L'ingresso
L'interno
L'interno
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