La Cattedrale

Di San Giustino   

 

      

 

 

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Chieti - La cattedrale di San Giustino


 

 

    1) La cattedrale e il mega parcheggio

       nella piazza antistante

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

        2) Scultura all'interno

           della cripta

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3) Busto argenteo di SanGiustino

   Dello scultore Nicola

   Da Guardiagrele 1455

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

        4) La torre campanaria

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 5) La torre campanaria

      con l'orologio e la statua

      del santo alla sua base

 

 

@nonnoenio

Assorbita ormai nel caotico tessuto cittadino, assediata dal traffico, spettatrice silenziosa di un megaparcheggio che fu un tempo piazza, la Cattedrale di San Giustino è un elemento acquisito nel visuale quotidiano di chi vive Chieti, sia pure per un caffè. Vista dalla vetrata del bar, in un istante di distrazione dalle faccende quotidiane, è per tutti una grande chiesa medievale. E appare infatti medievale. Ma non lo è. Di origini altomedievali, la cattedrale di San Giustino venne ricostruita nell' XI secolo, danneggiata da vari terremoti nel corso dei secoli e più volte restaurata. Fu completata, infine, nell'attuale aspetto solo nel XIX secolo. Fulcro visuale e urbanistico della città fin dal medioevo, San Giustino offre il suo fianco più visibile alla piazza Vittorio Emanuele II, dalla quale quotidianamente, da oltre mezzo secolo, l'osservatore immagina di ammirare un edificio nato e concluso nel XIV secolo. Ancora in pieno Novecento, il proposito di restituire un'immagine unitaria all'edificio si legava all'aspirazione della cultura locale di conferire un'identità forte ai propri luoghi d'origine, esibendone, in un atteggiamento tipicamente romantico, i segni più illustri in una veste il più possibile integra. Nel caso di San Giustino - ma anche in quello coevo della cattedrale di Teramo - l'isolamento e il ripristino dell'edificio furono percepiti come pienamente legittimi e accolti dal plauso unanime della cittadinanza: alla fine degli anni Trenta la riapertura al culto della cattedrale avvenne fra solenni celebrazioni e con la partecipazione delle massime autorità religiose, a conferma della coralità di intenti nel 

La cattedrale vista dalla vetrata del bar in piazza San Giustino

perseguire il completamento in stile del monumento. Dopo una prima serie di operazioni volte ad isolare la torre campanaria dalle varie costruzioni addossate, intervenne, nel 1910, il progettista che per oltre venti anni condusse il restauro del duomo: l'architetto Guido Cirilli, noto all'epoca, nel campo della conservazione, soprattutto per aver eseguito il ripristino della Basilica di Loreto. L'indirizzo metodologico perseguito unì, ad un generico principio di analogia (il riferimento cioè ad edifici medievali coevi e dello stesso ambito geografico) una spiccata componente progettuale: infatti, oltre ad un generale consolidamento strutturale e alla conservazione di alcune parti originarie, il restauratore progettò ex-novo intere parti della chiesa, dalle coperture ai fronti, dai particolari decorativi ai rivestimenti. Vennero così portati a compimento, in sequenza, il rinforzo e il completo isolamento del campanile, la sistemazione del fianco prospiciente la piazza 

La statua del santo posto davanti alla chiesa

la progettazione dell'ingresso e di numerose decorazioni interne. Lo spirito creativo di Cirilli emerse nella soluzione offerta per l'ingresso alla chiesa: una monumentale scalinata conclusa in un ampio portale di stile neogotico (nella foto a destra), che risolse da un lato il problema dell'unione fra i volumi del campanile e della chiesa, dall'altro quello della differenza di quota fra il livello della piazza e il piano di calpestio interno dell'edificio. Il riferimento al principio di analogia appare più marcato nel completamento del campanile, dove la copertura a cuspide fu realizzata sul modello delle torri delle cattedrali di Teramo, Atri e Campli. Sul lato del campanile rivolto verso il Palazzo di Giustizia, anch'esso liberato dalle aggiunte, venne replicata la bifora del secondo livello che prospetta sulla piazza. L'intervento più sostanziale fu quello relativo al fianco destro della chiesa, messo a nudo dopo l'isolamento dalle strutture sette e ottocentesche. Scegliendo di non rimarcare le tre campate interne della chiesa attraverso la tripartizione del fronte, l'architetto optò per un alto rivestimento in pietra che sottolineava la quota del pavimento interno, al quale fece seguire una parete liscia segnata da tre sole monofore. A coronamento del fronte, una doppia teoria di colonnine assolse alla funzione di alleggerire la massa muraria della facciata e di nascondere le testate dei contrafforti che contrastavano le spinte della navata centrale. Il ripristino di questa parte della chiesa si concluse con la nuova facciata del transetto, in cui il coronamento a due spioventi sostituì il precedente, curvilineo e sormontato da tre piccole torri campanarie.

 

L'ingresso della cattedrale

 

Il restauro di San Giustino si distingue dagli altri casi di revival stilistici in regione per il dichiarato intento di non mimetizzarsi con la preesistenza e di mostrare anzi, in ogni dettaglio, la sua natura progettuale e innovativa. Grazie anche all'estraneità del progettista alla cultura locale, che lo portò ad avere un approccio obiettivo al tema e a ricorrere in pieno al suo bagaglio formativo, il rifacimento in stile non fu vissuto come il mezzo per restituire all'edificio il suo aspetto originario, ma piuttosto come un linguaggio personale finalizzato ad esaltare quella monumentalità che l'arte e il tempo avevano donato a San Giustino in oltre mille anni. 

 

 

 

Le due statue all'ingresso della cripta

 

 

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