a Chieti
La Processione
del Venerdì Santo
Oggi 14 aprile 2017 a Chieti, come ogni anno si è svolta la
Processione del Venerdì Santo, una delle più belle
manifestazioni dell’anno teatimo. Si dice che la Processione
del Venerdì Santo di Chieti sia la più antica d'Italia.
Trenta, quarantamila persone accorrono in città,
disponendosi ai lati delle strade per assistere è l’emozione
che si prova è tangibile.
Il rito si ripete ogni anno con le modifiche apportate tra
il '700 e l'800 infondendo un senso di religiosità anche tra
i più scettici. Organizzata sin dalla sua nascita
dall'Arciconfraternita del Sacro Monte di Morti, la città si
prepara già dalle prime ore del mattino. I tripodi, una
volta sola fonte di luce, sono già predisposti lungo il
percorso dal giorno prima. L'atmosfera inizia a toccare le
prime corde dell'anima al crepuscolo.
Gli uomini delle confraternite escono dalla cattedrale di
San Giustino, ognuno con i propri stendardi e crocifissi,
tutti col cappuccio bianco, non devono confondersi con
quelli neri dei membri dell'Arciconfraternita, i soli
deputati a portare simboli e simulacri della passione,
privilegio che viene demandato di padre in figlio. Il
silenzio che impone l'evento funebre viene, in lontananza,
viene rotto dalla prima nota dei Cantori che invocano pietà:
"Miserere". E il rito per la morte di Cristo incomincia la
sua escalation di emozioni.
Il salmo 51 viene cantato sulle note del Miserere del
teatino Saverio Selecchy. Un'aria scritta nel 1740,
dal registro musicale in verità molto semplice, ma non per
questo meno coinvolgente. Violini, fagotti, flauti traversi
e da qualche anno persino i sassofoni, sono diretti dal
maestro Giuseppe Pezzulo, i cantori coordinati dal
maestro Loris Medoro.La struggente musica rende
magico ogni movimento dei membri della processione. Alle
congreghe seguono il Capitolo Metropolitano e i cavalieri
del Santo Sepolcro insieme all'arcivescovo. Cominciano a
sfilare i |
Il
crocifisso
Il
gallo
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simboli, tutti opera dell'artista teatino Raffaele Del
Ponte: l'angelo alato,
le lance dei soldati del
Sinedrio,
la colonna in cui fu legato Gesù,
il sasso dove sono sistemati
la tunica del Cristo e i dadi con i quali i soldati romani
si giocarono le sue vesti,
la brocca d'argento e il
catino, dono della famiglia Obletter, dove Pilato lavò la
sua ignavia, il volto santo, la pesante croce dove il Cristo
riscatta gli errori degli uomini e l'infido serpente del
peccato originale. I fedeli
sono assiepati ai lati del lungo percorso che si snoda sulle
vie del centro. Papà e mamme spiegano sottovoce ai più
piccoli tenuti in braccio e infilati nei loro bei vestitini,
il significato di quei simboli, raccontano la storia di una
morte che alle orecchie innocenti suona inspiegabile. «Perché
l'hanno ucciso?». La domanda non trova una umana risposta,
ma si spiega misteriosamente nel segno della croce e
nell'inchino al passare del Cristo morto.
I fedeli in
atteva nella piazza antistante il Duomo
Il momento più sacro, sulle note sempre più
incalzanti del Miserere, è quello del passaggio della Madonna,
vestita di seta, velluto e di dolore, quello estremo di una madre
che ha perso il proprio figlio. Un altro, l'ultimo segno della croce
conclude il funerale. L'atmosfera sacra scema con l'allontanarsi
della musica di cui si cerca di percepire le ultime note per sentire
ancora il dolce senso di pietà. Il corteo si chiude con lo sfilare
delle autorità. E si torna sulla terra.
Luciano Pellegrini - Uno
dei cantori del coro del Miserere
La processione, secondo tradizione, deve uscire ogni anno
anche se con un breve tragitto, altrimenti si prevedono
gravi sciagure per la città. Non a caso le sue origini si
fanno risalire alla prima metà del IX secolo negli anni
successivi all'ultimo rovinoso saccheggio di Chieti ad opera
dei Franchi di Pipino, figlio dell'Imperatore sacro-romano
imperiale Carlo Magno. Dall'epoca la città è sempre
miracolosamente scampata ad ogni saccheggio o distruzione
dovuta a guerre o a calamità naturali. Infatti, la
processione si è sempre svolta, sia pure in forma ridotta.
In caso di maltempo o nevicata il rito, sia pure con un
percorso brevissimo, ha sempre avuto il suo regolare
svolgimento. A tal proposito ecco cosa dice della
processione del "Cristo
Il trofeo
delle Lance
morto" di Chieti l'Arcivescovo Bruno Forte: " la
processione, che da secoli si svolge a Chieti il Venerdì
Santo, accompagnata dallo struggente canto del Miserere di
Saverio Selecchy, non è solo un singolare evento di pietà
popolare, ma testimonia un contenuto teologico di grande
profondità, quello della sofferenza di Dio per amore degli
uomini e il conseguente appello a far noi compagnia al
dolore divino per la salvezza di tutti. Portati per le vie
della città, i simboli della passione, e sopratutto
l'effigie del Figlio abbandonato alla morte e della Madre
addolorata, dicono quanto ci sia vicino il nostro Dio, non
solo dall'alto della Sua onnipotenza celeste, ma anche nella
condivisione della nostra finitudine e perfino della nostra
morte. Ed è qui che il canto di Selecchy invita a un
ulteriore passo: fare noi compagnia al dolore divino
facendoci carico col Figlio del peccato del mondo e
invocando pietà per tutti".
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