Enio Home Page

 

 

Caricatura Satirica

 

 

San Giustino

 

 

San Giovanni

 

 

San Franco

 

 

San Tommaso

 

 

Presepe Vivente

 

 

Antiche Vedute

 

 

Carnevale

 

 

Umbria Ferita

 

 

Indice Riferimento

 

 

 MOMENTI  DI  VITA CITTADINA E LAVORATIVAright

in Abruzzo

UN TEATINO A VILLA S.MARIA - 1950-52

 

 

Questa può essere la descrizione di qualsiasi giovane dell’epoca e le sue vicende sul lavoro e sul tempo libero e con riferimenti allo sport del calcio che portava con sé. I nomi delle persone possono essere anche essere inventate ma non lo sono.  Sono rigidamente vere. Si vuole incrementare questo sito che oltre che essere sportivo calcistico vuole complementare avvenimenti che tratti dal vero potranno descrivere il percorso della generazione di allora. Con i loro problemi che c’erano, anche di diversa natura. Questo argomento è stato pubblicato anche sui siti “Teate.net” e “tifochieti.com”. Alla fine del 1950, fresco di studi tecnici e con un diploma in mano, cercavo, come tutti i giovani, del  lavoro in tempi difficili come allora, ma con una grande speranza per la ricostruzione dopo la bufera della guerra. L’entusiasmo era forte e lo spirito di sacrificio  molto alto e con una determinazione  di mettere a frutto  ciò che l’Istituto ci aveva insegnato  per la vita ed il lavoro. Appena superati gli esami finali mi ero dato un pò da fare con qualche impianto elettrico ma niente di importante, dopo qualche mese mi si presentò l’occasione  per un lavoro in una centrale idroelettrica in costruzione sul fiume Sangro, a Villa Santa Maria in provincia. Dopo pochissimo andai a Villa S.Maria per una specie di colloquio, la costruenda centrale in caverna (400 metri di profondità) era della S.M.E. Società Meridionale di Elettricità ed era stata formata un”Consorzio Idroelettrico del Sangro” (C.I.S.) per portare a termine la costruzione, iniziata nel 1942 poi sospesa per gli eventi bellici e solo da qualche anno ripresi i lavori. La centrale in caverna  a 400 m. di  profondità, utilizza le acque del fiume Sangro, con una produzione  di circa 300 mil. di kWh e alimenta la capitale. Ritornai a casa e dopo l’espletamento delle varie  pratiche e notizie, partii dal capoluogo, era il distacco dalla famiglia. Mi ero documentato sulla località che prima non conoscevo e i dati erano di una cittadina di circa 1500 abitanti a 336 m.(s.l.m.) e ai cui piedi c’erano degli strati verticali di speroni della montagna che arrivavano sino a 1100 m., La località era posta alla sinistra del fiume Sangro che quasi la lambiva ed era posta su una strada di interesse provinciale che da Torino di Sangro, sulle rive dell’Adriatico, conduceva a Piane d’Archi, Bomba, Colledimezzo, Villa S. Maria, Quadri, Castel Del Giudice e Castel di Sangro in prov dell’Aquila. Insomma una cittadina nella montagna Abruzzese.

Particolare del fiume

Il secondo fiume d'Abruzzo è il fiume Sangro (lunghezza di 117 km. con un bacino di 1515 Kmq.)  Il fiume Sangro nasce dalle sorgenti La Penna a 1370 m. di altitudine sotto il Passo del Diavolo riceve sulla destra il fiume Fondillo. Allo sbocco forma il Lago artificiale di Barrea da cui esce attraverso le gole la Foce

 

La statua di San Francesco

 

 

Il problema era arrivarci. All’epoca non funzionava la Sangritana, perché precedentemente si poteva usufruire di questo mezzo, specie sul Sangro. ma causa la guerra era stato tutto divelto. Allora con autobus si andava a Lanciano e lì una coincidenza con pulmman sino a Villa. Da Lanciano si intersecava la direttrice spiegata prima, con la strada tutta curva ma che spiegherò dopo. Insomma una vera avventura. Ora invece tutto autostrada da Chieti a Piane d’Archi e poi una Superstrada sino a Castel di Sangro ed oltre. Passando per Bomba qualche  tempo fa ho fatto qualche ricerca su siti internet  sperando di trovare qualcosa che mi potesse interessare. A parte che sulle minori su internet trovo molto poco anzi pochissimo. Allora, sfogliando mi è capitato di leggere il nome di Villa Santa Maria come squadra promossa in 2^categoria, mi son detto di controllare se c’era qualcosa su questa squadra che mi potesse riportare indietro di tanti anni. Apro il SITO e comincio a navigare e con grande felicità e con attenzione ammiro la grande foto della cittadina e tutte le sue innumerevoli foto. Devo ringraziare tutti i Villesi per avermi trasportato senza muovermi di casa nella località a me molto cara.

 

La Sangrita, col classico treno

 

Vi ringrazio, con gli ingrandimenti  ho potuto ritrovare la mia casa di allora (in fondo al corso della parte della chiesa) e poi il corso Umberto e tutte le strade che ho percorso in lungo e in largo. E’ vero sono ritornato circa quindici anni fa e ho ritrovato i posti da me amati e che poi spiegherò dopo ma con l’internet ho rivisitato tutto, forza formidabile dell’informazione. Però sono andato, poco dopo, a vedere l’angolo dello sport calcio e devo dire che sono rimasto in po’ deluso. La società fondata nel 1955, sono andata spulciare qualche foto e comincia dal 1956, trovandoci in quest’ultima in nome di Zengaro e mi son detto ma non era il portiere della “mia squadra” degli anni 1950-52? Allora gli anni con cui ho giocato erano anni  pionieristici? Senza saperlo sono stato uno dei primi giocatori di quella società.Dopo essere giunto a Villa e sistematomi, ho cominciato il mio lavoro recandomi sul posto in cantiere, insieme a colui che mi era stato presentato come collega di lavoro, compagno di scuola di mio fratello, di Palena. La sistemazione mi fu agevolato perché mi presentarono un impiegato di Chieti Scalo già prigioniero in Germania, funzionario in direzione, che per una serie di circostanze in occasione della mia venuta a Villa, si interessò alla mia sistemazione trovandolo proprio dove lui abitava. Nacque tra di noi un’amicizia che fu prolungata nel tempo quando poi ci siamo rivisti nella nostra città, dopo diversi anni  del fine lavori della centrale.

 

 

Le case del borgo

 

Io e il collega di Palena avevamo le nostre residenze a Villa che erano vicinissime  e ci si preparava  a partire per raggiungere il cantiere che distava qualche chilometro dalla città. Il cantiere chiamato “quadro aperto” era nel territorio del comune di Villa S.Maria e posto addossato al monte alla cui sommità era situata la vasca di carico, nel  territorio del comune di Montelapiano. Il cantiere era raggiungibile, per chi andava al lavoro, con un mezzo che partiva dalle abitazioni della direzione  e dei dipendenti funzionari poste nella zona vicina all’Istituto Alberghiero. Ma cos’era il cantiere o quadro all’aperto? L’imboccatura della centrale si trovava all’incirca a metà strada sull’asse verticale tra Montelapiano (mt. 740) e Villa Santa Maria(390 mt) e faceva  parte del quadro all’aperto, come da foto cioè sottostazione di distribuzione con la parte impiantistica elettrica già installata allora, poi del cantiere che era composto da edifici tecnici ed enormi baracche di legno che formavano le officine elettriche e meccaniche con annessi locali per compressori e locali per il montaggio, smontaggio e riparazioni di materiale vario. Quando si arrivava al piazzale a destra la stazione distribuzione poi l’imboccatura e via gli altri edifici e locali. All’imboccatura era sistemata una gru e un montacarichi che si muoveva su un piano inclinato ferrato che conduceva in fondo alla sala macchina dove era ancora in fase di lavorazione con gli operai con i loro martelli pneumatici,come tutte gli altri cunicoli annessi per le strutture della centrale e inoltre a fianco della sala macchina la condotta forzata verticale che scendeva verticalmente dalla località Montelapiano dov’era posta, sempre in costruzione,  la vasca di scarico. Dall’imboccatura a sinistra era sistemata una scalinata inclinata (quante scale 5000 o forse più? Mi pare che la chiamavano “discenteria”)che scendeva verso il basso(Sala Macchina ma ancora in fase di scavo). Delle volte  era vietato salire sulla piattaforma del montacarichi ed allora scendere era anche divertente ma stancante e faticoso per la risalita perchè era veramente  snervante. Faceva un certo senso, quando si era in basso, osservare questa enorme galleria che si poteva vedere per tutta la sua inclinazione, con queste scale che sembravano inerpicarsi verso il cielo o verso il baratro.Non era mio compito andare nella centrale, che era solo agli inizi del montaggio, ma quando fui destinato per il montaggio della gru che operando in

 

 

Il fiume Sangro

 

modo orizzontale era destinato alla sala macchina, dovetti affrontare, per la verità non sempre, questo sforzo. Infatti momentaneamente facevo parte del team della ditta montatrice e quindi autorizzato ad usufruire di questo “mezzo di locomozione”. Già con il pensiero pensavo a quando sarebbe avvenuta la posa  definitiva delle turbine, degli alternatori  e quant’altro che poteva servire. Ma la cosa avvenne solo dopo che gli scavi in galleria erano giunti alla fine, cioè tra due anni. La ditta costruttrice di Milano ottenne per il suo montatore (così veniva chiamato il tecnico della ditta) e per i tecnici addetti del cantiere, come già specificato sopra,  di usufruire del montacarichi per scendere e risalire in Centrale.Di questo sistema ne avevo fatto una questione di principio, magari sara stato anche per sicurezza ma ciò non toglie  nulla alla disponibilità di qualsiasi lavoratore disporre di mezzi adatti per il proprio lavoro. La mia sezione “elettrica” formata da due diplomati e di un bocia, si interessava della manutenzione e rifacimento dei motori elettrici che erano moltissimi e in continuo rifacimento, avevamo cariche batterie per le lampade ad elmetto dei minatori o di coloro che andava in caverna. Insomma eravamo “esperti diplomati” ma bisognava lavorare su tutte le apparecchiture elettriche del cantiere. Questa mia vuole essere una foto del lavoro che allora bisognava affrontare in un periodo dove la ricostruzione  era alla nostra portata di mano ed eravamo consapevoli che avevamo un futuro da costruire. Quindi si cominciava,come si dice “dalla gavetta”.Sono orgoglioso di aver percorso un tragitto faticoso ma  foriero di soddisfazioni per la conoscenza di fatti, persone e molti valori che allora  erano sopiti ancora dal dopoguerra.

 

 

La Sangritana oggi in funzione

 

Poi c’erano degli elettricisti di cantiere che non facevano capo alla nostra sezione. Abbiamo avuto a che fare appunto con minatori e con dei saldatori elettrici delle condotte verticali. Un’esperienza indimenticabile per i disagi che ci raccontavano e che abbiamo potuto vedere con i nostri occhi solo pochissime volte. Non eravamo abilitati a nessun servizio del genere. Ma bastava anche solo pochissime volte per vedere come si lavora in galleria o in una condotta forzata di tipo verticale. Ho portato con me questi ricordi del loro lavoro e delle mie impressioni. Come tutti i cantieri c’era un capo cantiere anzi da noi ne erano due. Uno per la parte edilizia e l’altro per parte nostra cioè delle officine. Ambedue classici veneti nell’aspetto, nel vestire, molto burberi ma io e il mio collega però eravamo ligi a ciò che si faceva e molto attenti  a delle disposizione che potevano venire non confacenti alle tecniche e alle educazioni che ci avevano insegnato. Praticamenti mi sentivo già un militare, cosa che dopo qualche tempo andai ad espletare e anche lì(come allievo ufficiale) ci fecero un gran”mazzo” ma devo dire che io invece mi trovavo abbastanza allenato alle esperienze che il corso pretendeva. Qualche volta , i nostri “capi” uscivano fuori dal seminato con qualche epiteto che noi consideravamo frutto della loro parlata veneta, erano quasi tutti di Vittorio Veneto. Adesso non so come reagirebbero quelli come noi. Comunque l’educazione deve avere sempre la priorità. Riprendo la camminata per raggiungere il cantiere. Dicevo raggiungibile con un mezzo o a piedi. Ecco io facevo parte di quella categoria che non poteva usufruire di quel mezzo e

 

Villa Santa Maria - Veduta dall'alto

dovevo per forza basarmi sulle proprie gambe. D’Altra parte non ero solo e mi è servito moltissimo quando andai, dopo, al servizio militare, perché ero allenatissimo per le marce sfiancanti che ci facevano fareSempre a piedi percorrevamo il Corso principale Umberto poi si arrivava alla fine dove c’era una diramazione a destra  si scendeva giù sino al piano  passando davanti al cinema (di allora che oltre che alla domenica apriva al pubblico,mi pare, il giovedì) mentre a sinistra si imboccava una leggera salita che doveva condurre alla Centrale. Dopo qualche centinaia di metri si passava davanti ad un fabbricato a sinistra e mi si disse che era la scuola famosissima, anche nel nostro tempo, per cuochi poi più avanti a destra la mensa impiegati per i dipendenti e funzionari e a sinistra gli uffici, la sede centrale e le abitazioni dei dipendenti. Si proseguiva e dopo ancora qualche centinaia di metri si arrivava ad uno spiazzo con un campo di calcio e due porte montate. Chiesi al collega se era il campo della squadra di Villa e mi rispose che ogni tanto facevano delle partite ma non ne sapeva molto.Si proseguiva ancora in salita perché la strada era ancora lunga, ma il collega mi insegnò una scorciatoia e poco dopo arrivammo al cantiere e la prima cosa che mi colpì fu la sottostazione elettrica con  tralicci, cavi e trasformatori che erano in fase di avanzata costruzione. Nel proseguo del mio lavoro dopo qualche tempo, cominciai a chiedere a qualcuno del cantiere e in special modo ai residenti, della

Centrale Idroelettrica di Villa S. Maria "Quadro all'aperto" 1950 - 1952

squadra di calcio.Mi dissero che al cantiere c’erano degli operai e impiegati che ogni tanto giocavano con il Villa fra di loro c’erano molto giovani dotatissimi nel gioco del pallone, la locale squadra di calcio ingaggiò moltissimi dei giocatori da tutta la comunità lavorativa presente. Mi presentarono anche a un caposquadra veneto-geometra del cantiere idroelettrico, il quale mi indirizzò ad un responsabile della squadra che aveva la sede in corso Umberto. Chiaramente non ricordo i nomi, ma i fatti sì. La sede era sopra il caffè principale a metà corso ed aveva dirimpetto uno spiazzo con balconata dopo si poteva ammirare la bellezza della vallata e la sponda opposta e si intravedeva la strada  che da Piane d’Archi conduceva a Castel di Sangro. Bene, per accedere ai locali citati bisogna salire una scalinata o una leggera salita. Dalle foto noto che infatti che questo accesso esiste ancora. Mi chiesero alcuni dati, secondo me legittimi,    

risposi che fin da ragazzo ho sempre praticato calcio e con la mia squadra rionale giocai contro i titolari del Chieti. Un convincente  curriculum corredato dalla finale vinta,sempre con una squadra cittadina, dei  tornei Regionale e studenteschi  con la formazione dell’Istituto Industriale di Chieti, famosa perché formata da elementi che avevano giocato con il Pescara e il Chieti riserve. Ci fu una mezza prova sul campo in un momento che ero libero, ma veramente il tempo non ne avevo abbastanza. Anche perché all’epoca non c’era la settimana corta, anzi. Cominciai l’avventura calcistica.La prima partita, mi pare con il Bomba, segnò il mio esordio  come   centravanti. Una squadra mica male, eravamo quasi imbattibili. Incontrammo in amichevole diverse squadre della zona ed anche giocammo a Castel di Sangro in un campo, naturalmente senza erba, molto sassoso e polveroso. Bei ricordi. Per la cronaca io giocavo  da centravanti e segnai anche diverse reti. La massiccia presenza di personale aveva fatto di quella cittadina un centro di riferimento per tutta la vallata del Sangro ed allora i dirigenti sportivi locali allestirono una squadra di calcio con tutti gli elementi presenti. Ne venne fuori, con molti veneti che già giocavano in squadre minori, una formazione che al giorno d’oggi potrebbe paragonarsi almeno ad una 1^ categoria o serie D e forse anche più. .

La scuola di chef

Le maglie erano neroverdi e gli spogliatoi stavano nella sede, la chiamo così, e tutti insieme si andava a piedi fino al campo sportivo. Era lo stesso che avevo già visto per tutte le mattine che andavo al lavoro, a quel tempo non c’era nessun mezzo che accompagnava i lavoratori al cantiere e le pochissime macchine erano riservate ai gruppi dirigenti, montatori e funzionari. Qualche volta gli autisti che si conosceva, ci davano uno strappo nell’andata o nel ritorno, ma devo dire che la cosa avveniva molto raramente. Quindi zaino in spalle ed andare. Il campo era sempre quello visto e devo ringraziare il sig.Mauro Carbonetta che con le sue foto dell’epoca mi ha riportato indietro  perché il campo che si vede nel 1956, è sempre lo stesso campo di allora. Rivedo il pubblico numeroso che si assiepava nei rialzi del campo e la nostra forza ci veniva principalmente dall’incitamento femminile che era festosa ed appassionante. Ma anche gli uomini non scherzavano con l’incitamento, erano solo amichevoli ma per me sempre importanti. In pratica conoscevo poco i miei compagni di squadra ma è bastato poco per amalgamarci. In porta doveva esserci un certo Zengaro che, se non sbaglio, fece una bella carriera e giocò qualche anno dopo nel Campobasso. Un terzino sinistro che aveva un rimando micidiale ed era un tipo tosto, naturalmente non ricordo i nomi ma erano misti tra locali e non. Infatti il capo squadra del cantiere M. , biondo di capelli, era un mezzo sinistro come si giocava all’epoca, era una squadra che a me piaceva moltissimo. Aveva una caratura, come da me descritto precedentemente, almeno di 1^ categoria o di Promozione. Vincemmo la partita ed io segnai una rete da centravanti ma con una “ginocchiata”, ricordo che la porta era quella opposta alla strada. Campo

 

Villa Santa Maria    

naturalmente come era allora, polveroso, terriccio ma gli altri campi visitati non erano da meno. Nell’intervallo un breve riposo con qualche aranciata che i solerti membri della Società  ci distribuivano, non avevamo nessun riparo e mi sembrava di essere, come si dice adesso, in una gita fuori porta.  La nostra partecipazione era piuttosto volontaria e a noi giovani bastava giocare, lo stare insieme e perché no, tenevamo moltissimo che le ragazze ci guardavano. Che bei tempi, però! Sa noi venivamo dalla città, almeno io e la cosa, poi seppi interessava, specie dalla parte femminile. A fine partita, poi ritorno a piedi sino alla “sede” del corso. Vi assicuro che facevo più fatica a ritornare camminando con le scarpe con i tacchetti rumorosi e scomodi e che sull’asfalto in discesa era veramente  faticoso. Però ammetto che la nostra era una specie di passarella ed in un certo senso eravamo conosciuti dai tifosi, questo mi faceva enormemente piacere come a  tutti i giovani compagni della squadra. Gli allenamenti non c’erano perché  eravamo tutti al lavoro, ma per quanto mi riguardava, non era necessario inquantochè durante la settimana per il lavoro dovevo percorrere diversi chilometri e quindi ero sempre pronto ed allenato. Certo l’allenamento è diverso ma per me era come adesso fare il tappeto in palestra, leggesi aerobica. Per la parte tecnica ci si pensava solo la domenica perché i veri allenamenti, come abbiamo visto, non erano possibili. C’era qualcuno che faceva da allenatore e prima della partita cercava di spiegarci alcuni schemi approssimativi. A questo proposito devo dire che quando andai al corso AUC (leggesi Allievi Ufficiali Complemento) per il militare, ci facevano fare certe marce nelle colline circostanti delle Marche e mentre molti miei commilitoni AUC  erano semidistrutti per la stanchezza, io viceversa dopo due anni di scarpinate a Villa, ero abbastanza sereno e senza segni di eccessivo affaticamento. Il pubblico era, come dicevo, festoso ed era formato anche da coloro che lavoravano nell’ambito del cantiere e della centrale in costruzione. Nella mensa impiegati,dirimpetto alle sedi direzionali, esisteva un campo da tennis ed io, ritornando una volta da casa, riportai la mia racchetta (di legno che tuttora ho come cimelio) e ne approfittai  per fare qualche partita.

Villa S. Maria - Moderne pale eoliche

 

Le discussioni sulla squadra di calcio non erano come adesso che se ne discute in ogni momento, la squadra di Villa giocava solo le amichevoli e quindi l’interessamento non era molto alto, cosa invece che era per le  squadre di serie A, specie il Napoli. Infatti dopo il lavoro, appena tornato a casa, ci si attardava al terrazzino del Bar che stava sotto la sede, insieme ad un mio zio che era direttore del Banco di Napoli(a pochi passi dal Caffè) e al cassiere villese doc per parlare di vari argomenti gustando, almeno io, il solito frappè al latte, si accennava al calcio Villese ma solo accenni come pure gli altri avventori che si sedevano magari per prendere aria. Fra questi c’erano degli “intellettuali” che parlavano con linguaggio forbito ed educato su argomenti vari della cittadina ed anche disquisizioni storiche e politiche (ho saputo poi che erano degli avvocati). Come gli sportivi locali parlavano sempre del Napoli, anche loro si dilungavano con aneddoti ispirati ad avvenimenti napoletani. Ho capito che c’era una certa affinità di pensieri e di azioni forse si sentivano legati a quel tipo di cultura? Anche nel commercio c’era qualcuno che andava a Napoli per rifornirsi di abbigliamento residuale nuove che si poteva acquistare al porto partenopeo. Infatti io ed il mio amico di Palena(cittadina in prov. Di Chieti) ci rifornivano spesso da questo signore ed un giorno trovammo in questo 

Stand  impianti sul  fiume Sangro. 1^ Mostra Abruzzese CHIETI,1951-52,Villa Comunale

negozio-magazzino delle giacche-giubbini di pelle nera e indossandoli facemmo un figurone come eleganza e praticità. Ci disse che, appunto, era arrivato dall’America con le navi che allora portarono materiale di ogni genere dall’oltre-Oceano. In pratica noi due fummo gli interpreti in anticipo della moda maschile con quei giubbini ,pantaloni scuri e scarpone da montagna, maglione collo alto. Il mio amico aveva due anni più di me essendo compagno di scuola di mio fratello allo stesso Istituto di Chieti.Dopo la fine della centrale, con il montaggio della sala macchina situata a circa cento metri dalla superficie, ognuno ritornò a casa. Però il mio amico seguì il percorso che già avevamo affrontato e po, seppi che divenne un dirigente  della distribuzione dell’Enel, mentre io  dovetti presentarmi al Cordo AUC(allievi ufficiale)  poi però feci un altro percorso ma nel campo della Ricerca. Alcuni sportivi che seguivano molto la squadra napoletana, un giorno organizzarono un autobus per i primi del mese di marzo 1952, ricordo  la partita Napoli-Sampdoria e da lì sono risalito  

all’avvenimento:  9 Marzo 1952, Napoli-Sampdoria 1-0 con rete di Astorri, queste le formazioni: NAPOLI: Casari, Del Frati,Comaschi, Castelli, Vjnjei,Gramaglia, Mike, Granata, Astorri, Amadei, Krieziu.All. Monzeglio.  SAMPDORIA: Moro, Oppezzo, Coscia, Bergamo, Ballico, Fommei, Sabbatella, Lorenzo, Gei, Podestà, Gratton. Volevo andare ma poi rinunciai. Feci male perché non potei vedere all’opera giocatori che quell’anno di campionato giocarono in nazionale come Casari e Amadei (11 novembre 1951 in Italia-Svezia 1-1),  Moro e Gei(25 novembre 1951 in Svizzera-Italia 1-1). Dalle ricerche successive, la classifica generale vide vincitrice  la Juventus con p. 60, poi il Milan 53, Internazionale  49, Fiorentina 43, Lazio e Napoli 43,  poi la Sampdoria 42. Una sera mi trovai nelle vicinanze della direzione ed incontrai un ingegnere che veniva spesso in cantiere. Mi fermo e mi chiese se ero di Chieti e se mi piaceva ritornare per un breve tempo nella mia città per presentare il lavoro che si stava facendo a Villa S.Maria per la centrale Elettrica.Al momento restai titubante e chiesi cosa doveva fare. Mi rispose all’incirca:sappiamo che che sta nel reparto manutenzione elettrica e sappiamo anche i suoi studi.Sarà in grado di esporre e spiegare. Cosa che feci, con grande mia soddisfazione. La foto rappresenta delle spiegazione che, seduto, sto dando ad un mio amico

La recente squadra di calcio

che era venuto a trovarmi.  Non si giocava tutte le domeniche  però quando si stava alla mensa del cantiere c’erano degli appassionati anche tra le maestranze e qualcuno, seppi poi, diventò anche un organizzatore della società. Accennavo alla mensa, ma per me ed anche ora si cucinava non bene ma benissimo (la città dei cuochi non poteva smentirsi) e la pasta al sugo che facevano credo che altrove non l’ho più trovato e di mense ne ho provate. I cuochi erano due, ma uno era un signore magro e l’ altro  non era un giovanissimo. Mangiavo sì alla mensa degli “operai” e non quello dei “tecnici-montatori” ma la differenza non c’era, nella prima dovevi essere tu ad andare ad uno sportello e prendere i piatti viceversa nell’altro c’era qualcuno che te lo portava. Allora era così anche se nelle mense attuali specialmente nei Centri di ricerca nazionali e comunitarie,dove io poi  ho lavorato, c’erano o credo ci sono ancora, delle sale separate per ospiti internazionali e personaggi illustri, ma non sempre. Comunque attualmente tutte le mense dove si lavora, la sala è unica. All’uopo vorrei raccontare un breve aneddoto che la dice lunga sulla differenza che allora esisteva anche per la mensa. Nel cantiere nella baracca dell’officina esistevano vari reparti come officina macchine utensili, fucina, sala compressori e il nostro angolo di officina elettrica. Io ero in quest’ultimo con un altro tecnico ed un ragazzo emiliano. Alle ore 12 uno dei dipendenti apriva una valvola, attigua alla sala compressori, che emetteva un grosso sibilo era il segnale del fine orario(ore 12) e quindi l’ora del pranzo. Ebbene nella mensa c’erano due stanze con un grosso tavolo di legno rettangolare ed uno era per i funzionari  ed un altro per gli operai. Un giorno io e il mio collega, che avendo qualche anno più di me e già da qualche tempo nel cantiere, praticamente era come se fosse un responsabile  del lavoro, ci siamo chiesti il perché di questa divisione inquantochè  se i tecnici stavano dall’altra parte anche noi tecnici con lo stesso titolo potevamo avere diritto ad andarci. Era più una sfida che altro, ed entrammo. Nulla di cambiato solamente che c’era qualcuno che ti serviva, ci presentammo  con le nostre divise di lavoro, pantaloni e giubbetto  color  jeans. Ci fu  detto che non era posto perchè riservato. Ci guardammo negli occhi e ritornando nel locale a noi riservato pensammo subito che il vitto era sempre lo stesso: Ottimo.

 

Villa S. Maria - La vecchia fonte

 

Però con il nostro silenzio volevamo dimostrare che con il tempo le cose forse sarebbero cambiate. Infatti il mio collega divenne funzionario dell’Ente elettrico e io di un Ente nucleare, ci siamo separati ma sono sicuro che il fatto della mensa io come lui l’abbiamo portato sempre ad esempio di ciò che stava per cambiare in Italia sul lavoro. Nessuna politica ma il segno dei tempi che sarebbero mutati. Dovevamo fare la gavetta anche per queste piccole cose ma dimostrative. Il fatto fu raccontato e qualcuno forse cominciò a pensare diversamente. Infatti la sera si ottenne di cenare, ed anche la domenica, alla mensa degli impiegati che era a Villa e che ho accennato pocanzi. Naturalmente non eravamo in tenuta da lavoro! Questo intervallo per me al limite del comico poi l’ho raccontato ai miei  colleghi di lavoro negli anni che vennero e che magari si lamentavano di qualcosa che non andava. Nei miei due anni ho imparato a crescere di molto e ho avuto a che fare con molti lavoratori e  minatori specialisti nel costruire gallerie, provenienti da Vittorio Veneto, Pordenone, Bassano ed altre località della zone. Vi  era una vasta comunità di persone ed ho potuto apprezzare le persone e le loro famiglie per la loro laboriosità, gentilezza, la loro spiccata franchezza. Comunque bravissima gente e sono contento di aver avuto a che fare con loro e poi mi piaceva il dialetto veneto. Una scuola di vita. Perché mi sento legato a Villa? Perchè gente splendida come tutti gli abruzzesi e con chi ho avuto a che fare direi anche preparati culturalmente cancellando la mia prima concezione delle cittadine o paesi. La mia era una distrazione cittadina. Mi sono poi informato bene sulla città anche dopo aver lasciata. Certo ognuno ha la sua cultura e tradizione e non mi faceva effetto vedere a fianco alla mia abitazione, nel centro abitato, la stalla dove gli animali chiamati “vetture” come li ho sentiti chiamare venivano in città insieme ai contadini che avevano un pezzo di terra da coltivare. Anche i negozi, descritti con le porte massiccie che sostituivano le moderne saracinesche, erano un segno della tradizione, noi abituati alle nostre città, anche se piccole, con gli addobbi e saracinesche moderne, allora! Invece a me piaceva molto la questo modo di addobbo era una sicurezza in anche se un po’ poco elegante  e quando dopo vidi in televisione il film”Pane ,amore e ..fantasia..” mi sembrava, in un certo senso, Villa S.Maria. Non credo che rivedrò il mio Abruzzo di allora, anche adesso magari è tutto cambiato. Se non c’è variazione rendiamo tutto un fascio e perciò certo cose di adesso non mi piacciono. Forse sono un sentimentale. Sono la vecchia e moderna generazione!Quando andavo dal tabaccaio che stava in fondo al corso vicino la chiesa, che vendeva di tutto mi ero un po’ meravigliato. Perché? Vendeva tutto: Sali e tabacchi, pane, pasta ed anche abbigliamento e tante altre cose come giornali ma non era un pioniere dei moderni supermercati? Certamente! Infatti io e il mio collega di Palena quando andavamo presto la mattina per il montaggio nella gru in galleria, ci fermavamo(erano anche loro mattinieri) per comprare pane, formaggio, affettati per il pranzo di mezzogiorno. La cosa era anche strana come percorso, dal tabaccaio si comprava il panino poi a piedi in salita in montagna per almeno tre o quattro kilometri, poi arrivato alla spiazzo del cantiere si entrava nel tunnel inclinato  e a piedi si scendevano 5.000 scalini? Forse più o forse meno, ma all’incirca. Arrivato in fondo, nella sala macchina(ancora in fase di costruzione), si salivano delle scalette  metalliche verticali che conducevano alla gru, sede della nostra momentanea sede di lavoro. Dovevamo montare tutte le apparecchiature elettriche. La gru poi doveva scorrere su binali laterali ed erano di importanza capitale. Dovevano trasferire le turbine “Pelton”che dovevano trasformare l’energia idraulica in elettrica. In effetti si doveva essere troppo giovani o troppo allenati per arrivare proprio sul posto di lavoro. Io ho descritto, poi altri faranno le valutazioni.

Altra suggestiva veduta di Villa S. Maria

Mi preparavo alla partita domenicale, sempre amichevole, stavolta si doveva andare in trasferta a Castel di Sangro. Squadra fortissima ma campo quasi infame e polverosa, abbiamo perso, mi pare ma che partita. La nostra squadra meritava di più ed io pensavo veramente di essere un villese che difendeva la maglia (lo stesso colore della mia città di origine)con onore perché le persone erano entusiaste e poi eravamo giovani. Quando il Castel di Sangro ebbe una notorietà nazionale per aver raggiunto la serie B, molto mi chiesero: tu che sei abruzzese ci parli di questa squadra? Veramente mi sono inorgoglito per aver giocato negli anni che nessuno sapeva della cittadina se non geograficamente e poi avendo giocato con il Villa Santa Maria, ho spiegato loro della cittadina dove avevo vissuto anni della mia gioventù con gente magnifica. Dopo Villa ho giocato nella squadra militare allievi ufficiali, quindi ristretto in quell’ambito. nella successiva occupazione ho fatto parte di tornei aziendali dei Centri Comunitari di Ricerca ma erano tornei a 11 e a 7 ma  riguardanti nei centri stessi. Comunque la mia professione e le mie intenzioni non erano quelle di calciatore bensi quella di tecnico-ricercatore. Dopo Castel di Sangro affrontammo altre squadre come Pollutri ed in casa con una squadra di Chieti e cioè la “Ballarin” fortissima e potevo così salutare il mio amico M.G. che già in forza al Chieti insieme ad altri era la forza di questa squadra. Risultato 2-0. Volevo fare bella figura nei confronti dell’amico e di altri che componevano la squadra e con cui avevo giocato  insieme. In me c’era un senso di rivalsa che forse non era motivo di esistere, però c’era.  Mi sentivo Villese ma ho dovuto riconoscere che erano più forti e ci siamo salutati caramente. Ballarin Chieti-Villa S.Maria 2-0.Non so bene come arrivarono al campo sportivo, mi sembra che un mezzo trasportò i giocatori già in tenuta da giocatore. Noi la solita camminata interrotta qualche volta da qualcuno che dotata di auto di riportare in sede giù al corso.Ricordiamoci che i mezzi allora era molto scarsi ed avere l’auto non era un lusso ma un avvenimento. Qualche volta ho visto anche un carabiniere sugli “spalti” perché mi pare che allora c’era un brigadiere come comandante della stazione con qualche carabiniere. Tornai a casa poche volte, prima perché non c’erano licenze e poi affrontare un viaggio di circa settanta chilometri era un’impresa faticosa e molto scomoda.Dovevo prendere due autobus uno da Villa a Lanciano poi attendere una coincidenza per andare a Chieti. Comunque il percorso più terribile era  Castel di Sangro-Villa S.Maria-Lanciano e ritorno. Il tratto Piane d’Archi-Bomba, Colledimezzo,Villa era quasi insopportabile, quante curve c’erano? Moltissime e siccome era sempre molto affollato delle persone non resistevano e si sentivano male. Non era bello a vedersi. Ho conosciuto due autisti : uno  che con questo autobus abbastanza piccolo non faceva altro che cambiare marcia  ed era uno spettacolo vederlo, per me si divertiva e non vedevo l’ora di arrivare, alquanto distrutto. L’altro autista piuttosto normale nella guida mi parlava della sua “Sangritana” e sperava di guidare un mezzo della Ferrovia quando si decideva di ricostruirla. Qui devi dire che le coincidenze nella vita sono parecchie e si presentano quando meno te lo aspetti. Dopo circa otto-nove anni feci il mio viaggio di nozze guidando  la mia seicento verso Napoli passando da Castel di Sangro. Ci fermammo ad un bar per prendere qualcosa di caldo, era d’inverno e chi incontro? L’autista in questione che era seduto ad un tavolo. E’ stato un attimo, ci siamo riconosciuti a distanza di anni. Gli chiesi del suo desiderio della Sangritana e mi rispose che si stava facendo qualcosa per la ricostruzione e, se non mi sbaglio perché non ricordo bene, mi sembra che mi abbia accennato che “attualmente guidava un autobus più moderno” che faceva servizio per la Sangritana.

Viadotto autostradale - Villa S.Maria

Intanto in un altro incontro , che non ricordo con quale squadra al campo di Villa, noi ci sentivamo sempre forti e ai primi minuti ci concessero un rigore a favore. Il pubblico faceva un tifo d’inferno e noi ci guardammo attorno, mi dissero che dovevo tirarlo io, c’era qualcuno invece che diceva(sottovoce) che segnare a principio di una partita e che si poteva vincere largamente non era bello. Questi ragionamenti venivano fatti in pochi istanti ed anche io ero in parte d’accordo, ma non tanto. Era una bella presa di posizione. Insomma tirai il rigore (sempre dalla porta opposta alla strada) e non convinto calciai alto sulla destra della porta. Poi la partita si fece difficile e noi per poco non perdemmo. Morale: Non bisogna essere presuntuosi nel gioco e nella vita. Volevamo essere indulgenti ma non lo eravamo. Come si dice:giù dal pero! Una lezione per il domani. La domenica era sempre un problema per noi e considerando che eravamo giovani si era pensato con qualche altro amico, di andare a Lanciano. Come? Con il taxi. Ecco questa era una soluzione per divertirci un po’ anche perché non sempre  a Villa proiettava dei film, perché erano spettacoli ad orari e quelle poche volte che io andai alle proiezioni, erano sempre affollatissime.  Tra la vasta comunità presente  poi conobbi vari miei concittadini che lavoravano in direzione, C’erano molti giovani anche di Pescara, Scafa e di Alanno e operai che avevano lavorato nella costruzione delle centrali sul Pescara.Un capo reparto minatore, con cui si strinse un’amicizia, che  aveva lavorato al IV salto della centrale sempre sul Pescara e poi sposò una ragazza teatina. Poi tra un passeggio e un altro,sempre nei primi giorni, incontrai una faccia conosciuta era un teatino di Chieti che lavorava alla posta e fui contentissimo di averlo rivisto e insieme agli altri che hanno fatto parte  degli amici che mi hanno accompagnato nella permanenza a Villa, che sapevo a tempo limitato.Quando tutto era terminato tutti a casa, ovvero ognuno aveva davanti a sé una strada che avrebbe percorso.  Adesso le cose sono cambiate di molto, ma allora,come dicevo prima, non ancora era arrivata la stagione della motorizzazione. Cominciavano a circolare le prime lambrette o vespe ma erano rare e,per il momento, costose. Dopo invece! Ultima riflessione, fantasticando: quindici anni fa insieme a mio fratello si decise di andare a Villa Santa Maria.Sapevamo che era stata costruita una Superstrada da Piane D’Archi a Castel di Sangro e partiamo tutto autostrada. Finalmente, mi dissi, perché ho fatto la strada di prima ma era tutta curve e ancora curve  e i pochi viaggi fatti allora, per me sono rimasti  solo da ricordare. Infatti sulla nuova strada ho potuto ammirare il lago Di Bomba che avevo visto prima dell’allagamento ed ora invece mi sembrava tutto naturale! Nell’approccio a Villa vediamo un ponte maestoso e nello stesso tempo il panorama sottostante, scendiamo al piano e risaliamo per Villa  e nelle parti dove c’era il locale cinema parcheggiamo. Andiamo a piedi fino all’imbocco del corso .Mi fermo ad osservarla fontana e dopo uno sguardo a destra(dove porta verso la Centrale) andiamo verso il corso. Rimango un po’ fermo ad osservare e fermo le immagini, stavo ritornando indietro di molti anni. Mi scuoto e insieme a mio fratello ci  incamminiamo lungo il corso sino al mio vecchio caffè con il terrazzino-balconata, ci sediamo. Mi seggo e immagino il barista che esce dal caffè e mi porta il frappè al latte. Sto fantasticando e indico a mio fratello: vedi sopra il caffè a sinistra andava alla “sede” della squadra di calcio e da lì facevo tutta la strada a piedi(mi è rimasto impresso questo fatto),poi ci andremo con la macchina. Ci sediamo anche per ammirare il panorama, ma la visione del ponte dell’autostrada  è bella da vedere architettonicamente ma il paesaggio dov’è ? Interrotto da quel coso che mi rovina tutto. Sono i segni del progresso!  Quel coso è il cavalcavia  della superstrada che avevano costruita da Piane d’Archi , Colledimezzo, a Castel di Sangro. Certo rimasi deluso ma stavo fantasticamente e per me quel coso non esisteva!

Cartolina di Villa S.Maria

 

Omaggio a Colledimezzo.

Ho ricordato sul sito che riguarda le vicende del Chieti calcio e che si riferisce alla la località di Colledimezzo che ha ospitato la squadra in allenamento e preparazione, così ho scritto: “Ho letto anche i saluti del sindaco di Colledimezzo che  descrive la località:” è un piccolo paese situato nelle colline dell’entroterra dell’Abruzzo, sulla sponda destra del lago di Bomba, in una posizione geografica invidiabile”. Vorrei approfittare  per un piccolo amarcord riferito proprio alla cittadina, perché quando ho visto spicchi di panorama di montagna, una leggera nostalgia  mi ha riportato a quei posti che sono stati per me familiari nei primi anni del mio approccio nel campo del lavoro. Infatti dopo aver terminato i miei studi sono partito da Chieti per Villa S.Maria in Val di Sangro, dove si stava costruendo una centrale idroelettrica in caverna. Erano i tempi epici e il lago di Bomba non esisteva ancora, inquantochè nel periodo della mia presenza si cominciò il lavoro di riempimento dell’invasa valle adiacente alla località di Bomba per una diga in terra per alimentare  una centrale elettrica  situata nel comune di Altino. Servirà a produrre l’energia elettrica per la Capitale. Colledimezzo e dintorni la conosco di passaggio quando percorrevo la Statale che conduceva da Villa al mare a Piane D’Archi., passando da Pietraferrazzana, Colledimezzo e poi Bomba. Strada tortuosa e polverosa ora servita da una superstrada che apre lo sguardo a stupendi panorami della Val di Sangro. L’ammiravo anche dal piazzale della centrale in costruzione che essendo in alto si poteva osservare tutto ciò che era di fronte a noi e al suo disotto, della sua vallata.Paesaggi magnifici abruzzesi con il fiume Sangro che nel fondovalle faceva sentire lo scorrere  delle acque a volte un po’ impetuose, era una musica continua della natura. Questo mio brevissimo ricordo vuole essere un saluto al sindaco di Colledimezzo, ai suoi abitanti e alle nostre genti abruzzesi dal profondo Nord.

 

 

Cartolina di Colle di Mezzo

 

Dopo aver girato nel paese ritorniamo a prendere la macchina e andiamo verso la centrale, dopo la fontana ritrovo a sinistra la scuola dei Cuochi, poi non vedo più la mensa della Direzione, a sinistra un gruppo di case, mi pare anche ristrutturate, delle abitazioni della direzione. Più avanti arriviamo ad un spiazzo, con qualche fabbricato. E il campo? Ho chiesto ad un signore che abitava dirimpetto all’ex campo e quando ha saputo che avevo lavorato alla centrale, mi ha guardato un po’ come un alieno. Nessuna meraviglia da parte di quel signore. Nel campo vi avevano costruito un poliambulatorio. Ho detto a mio fratello che la strada che stavamo percorrendo con la macchina lo facevo a piedi per raggiungere il lavoro. Però! Mi ha risposto. Risaliti in macchina facciamo la salita che porta alla centrale, mi è sembrata corta ma in effetti non lo é. Arriviamo al piazzale e non c’è nessuno. Rivedo i posti, tranne le baracche di legno, naturalmente tolte, sapevo però che tutte le operazione si svolgevano tramite comandi computerizzati a Piane d’Archi o altrove. Era entrato il regime di automazione. L’edificio-entrata della centrale lo conoscevo abbastanza. Specialmente quando allora venni incaricato di manovrare la gru posta appunto all’entrata, per caricare gli alternatori che dovevano essere montati in centrale. Ero stato incaricato di svolgere un’operazione delicata e non ho capito perché avevano scelto me. Forse polso fermo, nervi saldi, tecnica forse conoscevo le macchine? Comunque l’entrata la conoscevo benissimo. I miei ricordi ormai si stavano affollando e venivano fuori. Ripenso al piazzale quando  cominciarono a scaricare  le prime macchine per la centrale, il via vai di “montatori” addetti al montaggio di una centrale, L’andirivieni degli specializzati che vennero da Napoli per montare definitivamente la sottostazione all’aperto, le infrastrutture che venivano rifinite, il ricordo indelebile dell’aver (è descritto a parte) contribuito in un certo senso alla messa in opera  degli alternatori. Macchine studiate nei miei libri che poi avevamo toccato con mano nelle nostre visite scolastiche ed anche personali. Ma su di me incombeva la chiama di leva che giunse secondo programma. Portai questa mia esperienza nel servizio militare che essendo un corso allievi ufficiali era abbastanza operativo ed impegnativo, facendomi dimenticare gli anni passati. Ma con il ragionamento si ritornava sui diversi punti ripromettendomi di ritornare  per vedere com’era andata a finire. Poi la mia storia non ha avuto una diversa collocazione lavorativa. Sempre nel campo dell’energia da quella idroelettrica (anche se in fase di costruzione) a quella nucleare a quella del risparmio energetico e solare con panneli ad aria e ad acqua.

Cartolina di Colle di Mezzo

Ma le mie riflessioni sono state interrotte e sono ritornato in terra per la presenza di qlcuni dipendenti della centrale. Infatti dopo poco, dall’edificio escono due signori che montano in macchina, ma vedendoci si fermano, ci presentiamo  e si prestano a qualche nostra domanda. In effetti tornavamo a Piane d’Archi dove avevano la loro abitazione. Io ero compiaciuto di essere tornato a visitare il mio vecchio posto di lavoro. Ho ripensato quando dovevo fare migliaia di scalini in discesa e poi in salita per raggiungere il salone macchina, non ancora con le macchine montate. Ricordando quella zona a moltissimi metri di profondità, in effetti mi poteva venire, allora, anche un attacco di claustrofobia. Per la verità il mio posto non era nella centrale in caverna e solo saltuariamente andavo laggiù. Anche perché ero addetto al montaggio elettrico della gru, proprio nella sala macchine. Pensare che dopo il mio lavoro ha avuto delle analogie perché sono stato per anni in fase lavorativa nell’interno del  primo reattore nucleare di ricerca in Italia che poteva avere come  parallelismo la dislocazione nel terreno. Sala macchine in caverna e quindi isolata, sala reattore al livello del suolo ma isolato al massimo dall’esterno, per uscire bisognava adoperare sistemi pneumatici per entrare o uscire. Però prima di andare via ho voluto  rivedere il panorama che si vede dal ciglio del piazzale, la sottostazione sempre enorme con i suoi trasformatori, le strade asfaltate sino al cancello di entrata principale. E la mensa? Sono passati gli anni e la realta è sempre diversa. Uno sguardo in alto a Montelapiano, veramente ho visto poco ma il paese è lì. Sono sicuro! Discendiamo verso Villa, non vedo nessuno e ripenso alle persone che gravitavano attorno al cantiere e quando ero di turno per la cabina elettrica, mi sedevo insieme al guardiano (mancava di un gamba ed aveva una protesi) sul ciglio  della discarica del materiale ma che era curata per renderla adatta ad accogliere le piante  ed il verde per renderla solida. Dal piazzale si poteva vedere quasi il fiume Sangro che scorreva in fondo. Ecco quando si faceva sera si vedevano delle luci che apparivano sul versante opposto cioè verso Monte Fischietto. Erano delle lucciole? Macchè erano le luci dei minatori che scendevano verso valle e provenivano probabilmente da Monteferrante, e dalle altre località. Vedere al buio queste luci che si muovevano verso il basso, sembravano veramente delle lucciole che cercavano spazio, scendevano a zig-zag disegnando, nel buio, le stradine e viottoli. Minatori che si accingevano a svolgere il proprio turno di lavoro. Questo lo ricorderò sempre. Con l’auto siamo arrivati a fondo valle e riprendiamo la Super che conduce verso il mare, stavolta senza curve, senza polvere rivedendo Pietraferrazzana, Colledimezzo, Bomba e il suo lago,che era in fase di costruzione nel mio periodo, mi ricordo la zona prima dell’invaso. Poi Archi Stazione e l’ingresso all’autostrada verso Francavilla-Pescara. Ma le ferie stanno per terminare. Quando ritornerò?

 

Scritto da: Licio Esposito

 

           Enio Home Page    Indice Riferimento

 
  

  Return to Top