Chiesa di San Francesco al Corso


All'incrocio di via Chiarini con il corso Marrucino c'è una chiesa con una facciata in parte trecentesca ed in parte barocca, dotata di una grande, bella e ardita cupola con calotta perfettamente emisferica (molto più apprezzabile se visibile da piazza Valignani), cupola realizzata senz'altro dopo il 1965, contrariamente a quanto affermano alcuni testi. E' possibile spostare indietro la data in quanto, in una incisione dell'abate Giovanni Battista Pacichelli stampata nel 1703 dopo la sua morte avvenuta nel 1695, non compare la cupola. E' la chiesa di S. Francesco al Corso, così chiamata per la sua posizione urbanistica, ma chiamata anche "alla scala" per la sua scalinata che ci ricorda quella del Vignola, o alla "scarpa" per la presenza dei francescani conventuali. La chiesa dedicata pure all'immacolata, è stata costruita nei primissimi decenni del XII secolo accanto alla chiesetta dedicata a S, Lorenzo Martire costruita a sua volta, sembrerebbe, nei primissimi secoli del Cristianesimo. In seguito, pochi anni dopo la morte si San Francesco (1181-1226), la chiesa fu dedicata al santo, futuro Patrono d'Italia, mentre, secondo padre Sebastiani la chiesetta di san Lorenzo venne ceduta ai frati minori quando San Francesco d'Assisi era ancora in vita. Secondo alcuni storici, inoltre Chieti sarebbe stata visitata dal santo durante il suo primo viaggio in Abruzzo, nel 1216. Nel 1239, mentre il vescovo di Chieti Gregorio Poli e mentre Pietro Marco Gizzi veniva eletto vescovo di Rieti, Antonio Gizzi o Gizzio, facente parte di una nobile e facoltosa famiglia teatina, ottenne dal vescovo la chiesetta dedicata a San Lorenzo ed edificò assieme ad altri frati minori, con le sue donazioni un umile romitorio in ciu egli stesso si ritirò indossando l'abito francescano e osservandone la regola. Morì in odore di santità. Ciò rende certo che già dalla prima metà del XII secolo i francescani erano presenti a Chieti. Sinimbaldo Baroncini, nel XVII secolo riferisce che presso la facciata della chiesa giaceva un grande blocco di pietra squadrata con un resto di iscrizione romana che riportava Genio Municipi tanto da far pensare al Verlengia che 'l'iscrizione ornava qualche edificio di carattere pubblico, forse anche un tempio e che sulle rovine dell'edificio sia sorta la chiesa di San Lorenzo'. Si può dire con certezza che la chiesa di San Francesco è dopo la cattedrale di San Giustino e la chiesa di Sant'Agata, la più antica della città e conserva ancora della costruzione originaria romanica-ogivale il rosone riccamente traforato ad archetti tribolati e decorato: è una delle opere gotiche più belle e caratteristiche di Chieti.

Peccato che il terremoto del 6 aprile del 2009 ha arrecato danni alla cupola, al rosone e alla sua stessa struttura. La facciata principale della chiesa presenta tre monumenti storici distinti: la parte alta, quella in mattoni e con il rosone è quella originale trecentesca, la parte sottostante, non completata, probabilmente per mancanza di soldi, è quella barocca, mentre la scalinata è di fine '800. La parte alta della facciata in laterizio è originale ed è essenziale; sui laterali si scorgono dei motivi decorativi, mattoni a denti ed archetti pensili, motivi trecenteschi che ritroviamo  anche nella cattedrale, nel suo campanile, nella chiesa di Sant'Agostino, in quella di Santa Maria del Tricalle e poi ripresi nella torre vescovile a testimonianza di una prima penetrazione a Chieti di maestranze lombarde che introdussero, a loro volta, motivi di origine lombarda. E' ipotizzabile che originariamente la chiesa fosse divisa  in tre navate e in seguito venne trasformata in un'unica con cinque profonde cappelle per ogni lato. La chiesa di San Francesco venne restaurata nell'anno giubilare 1576 anche grazie al Parlamento cittadino per essere poi interamente rinnovata nel XVII-XVIII secolo, ispirandosi alle architetture del Vignola, ed assumere così la forma attuale. Girolamo Nicolino afferma che la chiesa risorse più ampia e più bella. La parte barocca della facciata invece è frutto di restauro che però non riuscì ad arrivare a termine, tanto da lasciare la parte originale trecentesca, quella in mattoni. Per la parte Barocca, se facciamo un rapido paragone con l'attuale chiesa di San Domenico al Corso, ci accorgiamo subito che i due stili sono pressocchè uguali. Nella facciata appaiono due nicchie dove sono state collocate statue in pietra della Majella provenienti dalla antica chiesa di San Domenico e raffiguranti San Tommaso D'Aquino in figura giovanile(è in atto di proteggere Chieti e tiene ai piedi un modellino dell'edificio) e Sant'Antonio di Firenze, priore del convento di San Domenico di Chieti. Per accedere all'edificio sacro dall'ingresso principale bisogna salire la elegante scalinata a doppia rampa disegnata da Torquato Scaraviglia e realizzata nel 1979, quando fu prolungato il Corso Marrucino già via Ulpia, dando ad esso(ma anche a tutto il crinale della città partendo dalla parte più alta, la Civitella) una pendenza graduale tanto da abbassare il livello stradale in quel punto di sette/otto metri e consentirne l'incrocio a raso con via Arniense, eliminando così la necessità di mantenere la preesistente scalinata posta al termine di via Ulpia. In origine, infatti, la cattedrale e la chiesa di San Francesco erano sullo stesso livello stradale, ma sotto il piano della strada c'era un arco, un  

 

ponte tanto che nel 1763 il comune di Chieti fece un appalto per il restauro del ponte della strada di San Francesco. In occasione del rifacimento del corso Marrucino molti palazzi di Chieti sono stati tagliati e ridisegnati per fornire al capoluogo, a quell'epoca tra le città più importanti d'Italia, un nuovo asse che, evitando i tempietti romani, unisse la parte romana con quella meno antica e avesse una pendenza regolare e costante eliminando i vari colli esistenti. I tagli li hanno subiti, provenendo da piazza della Trinità, il palazzo dell'attuale Istituto di S. Camillo, all'inizio del Corso, il palazzo di fronte al Liceo Classico, il palazzo Francese che inizialmente chiudeva il corso; dopo lo sventramento, la strada ha proseguito fino alla chiesa di San Francesco, al palazzo del Seminario Diocesano, fino a creare una saldatura con via dei Toppi attraverso un quadrivio tra il corso, Via Arniense (con i suoi tratti superiore ed inferiore) e via Toppi e quindi entrare nel quartiere Trivigliano e attraversarlo. Per diversi anni la chiesa di San Francesco e la congrega dell'Immacolata che era ivi ospitata hanno condiviso la responsabilità nella manutenzione e nel culto della stessa chiesa. Il 16 maggio nel 1932 in essa si sviluppò un forte incendio che distrusse irreparabilmente fra le tante cose un antico organo.

Nell'Interno

Notevole è la grande cupola, esattamente emisferica. La volta è interamente affrescata. Gabriella Albertini scrive che la volta a botte con lunette, intercalata da archi di rinforzo a tutto sesto, presenta motivi floreali e geometrici, mentre in grandi riquadri sono raffigurate scene ispirate alla vita di San Francesco. Notevoli sono: Il Carro di Fuoco, San Francesco portato dagli Angeli, episodi dedicati na San Francesco, il trompe-l'oeil delle due nicchie riproducenti la Prudenza e la Penitenza. La chiesa è grande ,bella, elegante, abbastanza ricca di oggetti preziosi a dimostrazione dell'importanza che ha avuto in passato. Basti pensare che pur essendo a pochi metri dalla cattedrale non è da meno per grandezza e per pregio. La cappella di sinistra. Entrando la prima cappella a sinistra è dedicata alla Madonna di Loreto ed appartenne ai mercanti Lombardi, la seconda è dedicata a Santa Caterina di Bologna, la terza  è dedicata all'Immacolata Concezione. la quarta a San Lorenzo, la quinta è dedicata a San Marco evangelista ed appartenne3 ai mercanti Veneti.

La cappella di Destra

La prima cappella a destra è della famiglia De Laurentiis ed è dedicata a San Michele, la seconda è dei Caduti, la terza è dedicata alla Madonna degli Angeli, la quarta è dedicata a San Giuseppe ed è della famiglia di Girolamo Nicolino e la tradizione vuole vi sia seppelli6to lo storico teatino Girolamo Nicolino. La quinta cappella è dedicata a San Lodovico da Tolosa, mentre l'ultima, nel presbiterio, è dedicata ai Santi Francesco e Antonio da Padova. La chiesa ospita nelle cappelle molte tele di rilievo prevalentemente del Seicento e del Settecento. Nella terza cappella a sinistra è presente una tela settecentesca del pittore teatino Donato Teodoro dedicata a San Ludovico da Tolosa e si trova nell'ultima cappella a destra. Nella cappella dedicata a San Francesco e a San Antonio è presente la tela che rappresenta Le storie di San Antonio.

                    

Nella cappella dei Veneti sono presenti più tele di notevole valore artistico: quella di scuola Veneziana e di ispirazione tizianesca La Vergine e l'evangelista Marco, attribuita ad Alessandro Varotari da Padova detto Padovanino e le tele seicentesche di Giovan Battista Spinelli quale quadro d'altare rappresentante la Mdonna con il Bambin Gesù, San Marco, Sant'Alessandro, rispettivamente patroni di Venezia e di Bergamo e San Luca. Statue lignee.

 

                     

Di notevole importanza è la statua lignea della Madonna. Anche i due busti Lignei di Sant'Antonio da Padova sono importanti il primo, sul lato destro del Presbiterio, tinteggiato e arabescato in oro. E' del '600 mentre il secondo, recante l'iscrizione "LACOBUS COLOMBO I 1711" si trova nella cappella dei Lombardi. Nella quinta cappella a sinistra, in quella dei Veneti, vi sono raffinati decori in stucco attribuiti da alcuni all'architetto milanese Michele Clerici, da altri al Rizza. Il Clerici è succeduto a Vittorio Fontana e Domenico Poma, ambedue dello Stato di Milano e ad altre maestranze lombarde chiamate probabilmente dai nobili di Chieti di quell'epoca, inoltre ha molto lavorato a Chieti e in provincia con Berardo Boldrini, Giambattista Grasso, Giovanni Battista Giani, Carlo Piazzoli e con Gian Girolamo Rizza. Tutti famosi stuccatori lombardi, prevalentemente dello stesso periodo e della stessa scuola, quindi obiettivamente è difficile attribuire una paternità senza avere un documento tangibili in proposito. Comunque la grandezza del Cloerici si rivela nei finissimi bassorilievi, come quelli della chiesa di Sant'Agostino di cui si ha certezza. Il bel Pergamo ligneo, un vero ricamo d'intagli e di sculture, costruzione classica e baroccheggiante, con corpo bombato e voluminoso, con baldacchino a corona, fu eseguito nel 1780 (così come era possibile leggere, assieme la firma, fino a circa metà del secolo scorso) dal maestro intagliatore orsognese Modesto Salvini, noto per aver precedentemente realizzato gli stessi temi compositivi con un particolare: la presenza di un bassorilievo scolpito al di sotto della copertura come quello della chiesa di Sant'Agostino. Salvini, Filippo Tenaglia, detto Santongino, e Bontempo di Orsogna sono stati insigni maestri d'arte che hanno fatto scuola fino a fine Ottocento .