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Ortona- Il cimitero canadese  right

in Abruzzo

 

Un cimitero che fa riflettere

 

 

 

Se vi trovate a passare da queste parti e visitare questo cimitero, resterete impressionati dal silenzio e dalla bellezze a dell’ordine che vi regna. Questi ragazzi hanno dato la loro vita per liberarci dal fascismo. Morti senza poter vivere la loro vita per intero a causa della voglia che ha l’uomo di combattere, di uccidersi spesso senza sapere perché. In pochi conoscono la vera storia e gli inquietanti retroscena della Battaglia di Ortona (20-28 dicembre 1943) passata alla storia come la “Stalingrado d’Italia”: gli errori di Montgomery, un generale presuntuoso e incapace, l’accanimento su un obiettivo inutile, ma irrimediabilmente enfatizzato dalla propaganda, il sacrificio di duemila soldati canadesi per tranquillizzare i sovietici, la falsa attribuzione della distruzione della cattedrale, gli stupri perpetrati dalle truppe indiane. Soldati giovani e inesperti che si sono scontrati con una truppa, quella tedesca, composta da gente nata per fare la guerra, preparata a tutto pur di impedire l’avanzata dei “liberatori”. Quella che doveva esser una passeggiata si trasformo in una carneficina di uomini uccisi in combattimenti porta a porta. Un puntiglio degli americani che non avevano capito che Ortona non era così importante nello scacchiere della guerra. I generali ordinavano e questi ragazzi 

 

 

morivano senza una ragione. Il cimitero militare canadese, in inglese come Moro River Canadian War Cemetery, è situato nella frazione di San Donato nel Comune di Ortona, su un’altura nei pressi della costa adriatica. Nel cimitero sono raccolte le spoglie dei soldati del Commonwealth britannico, in massima parte canadesi, morti nel dicembre del 1943 durante i combattimenti per l’attraversamento del fiume Moro e successivamente nella Battaglia di Ortona. Il cimitero, il cui sito fu scelto nel gennaio del 1944 dal Corpo Canadese, presenta una forma rettangolare. Le tombe sono disposte su file parallele e aggregate a formare tredici settori indipendenti. Nella parte meridionale si trova la piccola chiesa di San Donato, affiancata da un arco che funge da ingresso principale. Il numero dei caduti (1665 in totale) in base alla nazionalità è così suddiviso: • 1375 del Canada; • 169 del Regno Unito; • 4 dell’Australia; • 42 della Nuova Zelanda; • 16 del Sudafrica; • 5 dell’India; • 2 di altri stati; • 52 non identificati. Il cimitero contiene il maggior numero di caduti canadesi in Italia.

 

 

Casa Berardi
Per i soldati canadesi comandati dal generale Chris Vokes, dei quali molti appena diciottenni, Ortona era il grande momento per dimostrare al mondo il loro valore. Sapevano che si sarebbero confrontati con l’élite delle forze armate naziste, ma erano ottimisti. Dopotutto, erano numericamente il triplo degli avversari, disponevano di una logistica ben organizzata, di abbondanza di cibo e di una spaventosa artiglieria terrestre e navale. Tuttavia, l’inesperienza, - per quanto unita al coraggio - dei canadesi si rivelò fatale, fin da subito, nella conquista del primo avamposto tedesco: Casa Berardi. E’ questo un casale situato ancor oggi alle porte di Ortona, che domina una ripida valle che i canadesi battezzarono “The Gully” – “La Gola” e che si trasformò in breve tempo in un cimitero per i loro carri armati Sherman. “Dì a Monty – sbraitò il generale Vokes a una staffetta di Montgomery – che se venisse in questo inferno, a vedere in quale pantano ci siamo ficcati, saprebbe benissimo perché non avanziamo!”. visitare.

 

 

Senza poter avvalersi degli Sherman, i fanti canadesi dovettero impegnarsi nei combattimenti casa per casa, fra le macerie. Continuamente bersagliati, furono costretti a traforare l’interno delle abitazioni pur di avanzare al coperto: una volta liberato uno stabile, dal secondo o terzo piano, facevano saltare le pareti divisorie, per passare nell’edificio contiguo, ma non di rado i Fallschirmjäger li aspettavano dall’altra parte e, approfittando del polverone, colpivano gli avversari ancora frastornati dall’esplosione. Si dovettero quindi innalzare dei ripari prima di minare le pareti delle case. Nonostante questi continui adattamenti, i soldati venuti da oltre Oceano continuavano a cadere per i trappolamenti esplosivi, le mine anticarro e antiuomo, gli agguati corpo a corpo, e il fuoco incrociato dei cecchini. Impiegarono una settimana per conquistare 500 metri di territorio urbano; fu un combattimento così devastante per i loro nervi che dopo Ortona nacquero degli studi psicologici sui danni provocati dallo stress da combattimento. Anche per i più esperti paracadutisti tedeschi, schiacciati dall’inferiorità numerica e dai tassativi ordini di resistenza, fu un’esperienza psicologica terribile. Una drammatica foto ricorda la vicenda del sottotenente Ewald Pick il quale, non potendo più sostenere l’assalto nemico e avendo ricevuto via radio l’ordine di resistere ad ogni costo, ebbe un crollo nervoso. Si alzò dalla postazione, andò tranquillamente a fumare una sigaretta sulla fontana, al centro della piazza, e si fece fulminare dalle fucilate canadesi.

 

@nonnenio

 

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