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Schiavi d’Abruzzo (CH)


Colle della Torre, 864 metri sul livello del mare, a monte del fiume Trigno: qui sorge l’area archeologica di Schiavi d’Abruzzo, prima tappa di un breve itinerario che, a cavallo tra due regioni, ci racconta una storia antica, di un popolo fiero e combattivo, la cui vicenda ancora poco esplorata continua ad affascinare studiosi e appassionati. «Gentes fortissimae Italiae», così Plinio il Vecchio definiva i Sanniti, amanti della libertà, con un proprio linguaggio (l’osco), le cui tribù, dal Gran Sasso alla Campania, per secoli hanno conteso il territorio a Etruschi, Celti, Greci. Cresciuti nell’incontro di popoli diversi, a lungo tennero testa all’espansione romana, tra alleanze e guerre, fino alla conclusiva capitolazione. Poco o nulla ci è pervenuto di questo popolo, della loro struttura sociale, della loro cultura, giunta fino a noi soprattutto tramite i testi degli annalisti romani. Poche sono anche le vestigia e le testimonianze territoriali. Tra queste Schiavi assume un’importanza rilevante per ricostruire un pezzo di storia della tribù dei Pentri. Su una spianata terrazzata, i resti di due templi affiancati, risalenti l’uno al II e l’altro al I secolo a.C., sono l’evidente testimonianza di una intensa vita rituale e religiosa. La sacralità del luogo è oggi riflessa dal bagliore della bianca pietra calcarea dei nostri monti, con cui venne edificato il primo tempio. Tra le modanature che disegnano la cornice del podio, l’ampia gradinata d’accesso, i resti delle colonne e

dei capitelli ionici, la sensazione è di una profonda, essenziale semplicità. Netto lo stacco posando lo sguardo sul tempio minore, privo di podio, realizzato in blocchetti calcarei, con quattro colonne frontali in laterizio. Oggi l’assenza delle decorazioni del tempio e del colonnato fa si che ci si presenti nudo, scuro nei colori della terra. Ancora una suggestione, un senso di appartenenza al luogo su cui si posa e sorge. Dinanzi al tempio l’altare, utilizzato come spazio sacro destinato ai culti pubblici, struttura chiave per la lettura del complesso monumentale. Con la scoperta di tre are sovrapposte, l’altare testimonia di una intensa frequentazione dell’area sacra nel corso dei secoli. Con un salto nel tempo, si arriva fino al medioevo, percorrendo il muro di terrazzamento alle cui spalle fu rinvenuta una torre in blocchi di pietra e mattoni. Da qui l’occhio si perde seguendo le forme morbide dei colli circostanti, per imbattersi, dall’altro versante della vallata del Trigno, su un’altura in terra molisana, a 1000 metri sul livelli del mare, dove i Pentri edificarono un santuario federale devastato nel 217 dalla furia di Annibale. Ci dirigiamo lì, ridiscendendo il Colle di Schiavi, incontrando lungo il percorso le frazioni in cui sono stati ricchi i rinvenimenti di tombe di varia struttura. 45 chilomentri, tra le curve a fondo valle, e poi di nuovo su, sulla cima di Pietrabbondante, ritenuto «il più importante e meglio conservato complesso archeologico del Sannio preromano». Alla ricostruzione del II secolo a.C. dobbiamo la realizzazione di un tempio di cui oggi

resta solo il podio. Ma il vero gioiello dell’area è la zona del teatro, edificata in due fasi tra II e I secolo. Di ispirazione architettonica ellenistica, sotto l’influenza campana e latina, il teatro venne eretto per primo, scavato in parte nel pendio. Nella zona inferiore restano tre ordini di sedili in pietra, modellati per accogliere lo spettatore, con ai margini braccioli a zampa di grifo in segno di riguardo alle autorità cui erano riservati i posti. La cavea avvolge il palco in un serrato abbraccio, laddove un tempo risuonavano voci e cori lontani, il cui ricordo di certo conservano i resti del maestoso tempio posto alle spalle del teatro, circondalo da un corridoio e affiancato da portici. Dall’alto del teatro, spalle volte alla gradinata che portava a varcare le quattro colonne d’ingresso del tempio, gettiamo un ultimo sguardo lontano, verso i colli di Schiavi d’Abruzzo e in un tempo antico, quando tutto intorno era terra del Sannio. Schiavi d’Abruzzo L’area dei templi è aperta al pubblico tutto l’anno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

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