Il VAte e la terra natale
Il Trabocco del Turchino Sin dalle prime novelle che vanno dal “Trionfo della Morte” sino ai “Pastori di Alcione” e alla “Figlia di Iorio” esterna la sua passione per la terra natale. Nei racconti giovanili di “Terra vergine” e nelle “Novelle della Pescara” ritrae tipi e luoghi dell’infanzia che trascorre con serena felicità insieme alle sorelle e il fratello, le zie, i primi amici e la nonna, alla quale dedicherà una raccolta poetica detta “In memoriam”, per celebrarne la morte
La casa dove abitò con Barbara Nelle prime novelle menzionò i pescaresi più pittoreschi, dal fornaio Flaiano al ciabattino Matteo Puriello, a don Gennaro Tierno, il curato di San Cetteo, e i luoghi della cittadina teatro delle vicende: il ponte di barche (sostituito nel 1893 con un ponte di ferro), le mura antiche, la fortezza diroccata, l’arco ottagonale di Porta Nuova, piazza Garibaldi e il mulino nei pressi dell’avita Villa del Fuoco. D’Annunzio saprà mettere in versi o in prosa cose da lui viste e vissute direttamente. La tomba di Barbara Leoni, il suo amore travolgente. In realtà la bellissima e amatissima donna si chiamava Elvira Natalia Fraternali, era bella e intelligente -, tre anni prima, nel 1884, dietro pressione dei suoi, aveva sposato Ercole Leoni, un conte bolognese senza contea ma economicamente ben messo. L’unione, però, vuoi per la diversità di carattere dei due coniugi, vuoi per l’avversione nei confronti del marito sopraggiunta in seguito a un aborto che l’aveva resa sterile, era ben presto naufragata e la donna era tornata a vivere con i genitori.
Tomba di Barbara Leoni
“…proteso dagli scogli,
simile ad un mostro in agguato, con i suoi cento arti, il trabocco aveva
un aspetto formidabile… La lunga e pertinace lotta contro la furia e
l’insidia del flutto pareva scritta su la gran carcassa per mezzo di
quei nodi, di quei chiodi, di quegli ordigni. La macchina pareva vivere
d’una vita propria, avere un’aria e una effigie di corpo animato. Il
legno esposto per anni e anni al sole, alla pioggia, alla raffica,
mostrava tutte le fibre, metteva fuori tutte le sue asprezze e tutti i
suoi nocchi, rivelava tutte le particolarità resistenti della sua
struttura, si sfaldava, si consumava, si faceva candido come una tibia o
lucido come l’argento o grigiastro come la selce, acquistava un
carattere e una significazione speciali, un’impronta distinta come
quella d’una persona su cui la vecchiaia e la sofferenza avesser
compiuto la loro opera crudele…“
Targa commemorativa dell'opera: Il Trionfo della Morte
Non andò sempre così bene al vate, qualche volta fu costretto a scappare all'estero inseguito da creditori inferociti. Lui lo chiamò "In volontario esilio" e quello che fa specie che fortunato com'era gli andò sempre bene. Le donne che blandiva la sua fortuna. D'Annunzio arriva in Francia nel 1909. "In volontario esilio". Almeno, così piace dire al nostro Imaginifico. Ma la realtà è molto meno poetica: D'Annunzio è stato infatti costretto a fuggire dall'Italia perchè assediato daicreditori. In Toscana, nella villa della Capponcina poco distante da quella della sua amante, la grande attrice Eleonora Duse, ha negli ultimi mesi condotto una vita talmente dispendiosa da non essere ora in grado di far fronte - nonostante i cospicui guadagni ottenuti con le sue opere - ai debiti di cui si è caricato.In Francia è ancora una donna ad aiutarlo: questa volta si tratta della bella e ricchissima pittrice americana Romaine Brooks.Romaine gli trova una villa ad Arcachon e, si dice, copre anche buona parte delle spese necessarie per il menage del Vate il quale va bene che si trova (come gli piacerebbe far credere) "in volontario esilio", ma non per questo è disponibile a vivere in ristrettezze.In Francia D'Annunzio vive dunque lussuosamente, frequenta i migliori salotti (Proust lo incontra in casa di M.me Arman e di M.me Aubernon), circondato da ammiratori e da amanti.Tornerà in Italia nel 1915.
Calidus Quoque Nidus Amoris
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