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Dal Gran Consiglio

al Gran Sasso 

 

      

 

 

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Chieti - Una storia da rifare


 

 

                   1) La casa di Ponza in alto a sinistra

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2) L'albergo di Campo Imperatore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3) Foto ricordo dopo la liberazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4) Mussolini posas accanto a

             Skorzeny e Karl Radl

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5) Skorzeny prende posto

   sull'aereo di Mussolini

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

6) Mussolini seguito da Skorzeny

 

La ”lunga marcia”, dopo l’arresto a Villa Savoia la sera del 25 luglio ’43 (Gaeta, Ventotene, Ponza, La Maddalena, Campo Imperatore), imposta a Benito Mussolini, ”prigioniero-ospite” del Governo Badoglio, fu giustificata, come dicono gli storici, dalla decisione del re Vittorio Emanuele III di non consegnarlo a Hitler. Il Fuhrer, invece, per la ricerca e quindi la ”liberazione” del «suo amico Duce», sguinzagliò alcuni suoi uomini delle SS, quali il capitano Otto Skorzeny al quale, solo per soddisfare la propaganda di guerra, fu attribuito il merito non suo del ”rapimento” di Mussolini dal Gran Sasso. Non pochi storici e ricercatori sostengono invece che i tedeschi conoscessero perfettamente gli spostamenti del prigioniero. A villa Weber Mussolini rimase 21 giorni (dal 7 al 27 agosto). Il 12 agosto il tenente Alberto Faiola assunse il comando della guarnigione dei carabinieri (circa 100) addetti alla custodia del Duce, e con esso la responsabilità della sua sorveglianza sino all’ultimo successivo atto consumato a Campo Imperatore.

 

Il precipitoso trasferimento prima dell’alba di 60 anni fa, il 28 agosto ’43, dalla villa Weber della Maddalena (Sardegna) di Mussolini, per essere condotto a Campo Imperatore, dove già da dieci giorni era stata organizzata la ”più alta prigione del mondo”, come egli stesso la definì entrandovi, fu dovuto appunto alla presunzione che Skorzeny avesse scoperto il nascondiglio del Duce. A bordo di un idrovolante della Croce Rossa militare, Mussolini fu trasferito a Vigna di Valle sul lago di Bracciano, nei pressi di Roma. Di qui, salito su un’autoambulanza dell’Esercito, scortato dal tenente Faiola, dall’ispettore generale della pubblica sicurezza, Giuseppe Gueli, dal maresciallo Osvaldo Antichi (ordinanza del Duce fin dall’arresto) e da numerosi carabinieri, percorrendo la via Salaria, arrivò verso le 12,00 a Fonte Cerreto dove fu ospitato nella ”villetta” (allora di proprietà della contessa Mascitelli). Nel superare il passo di Sella di Corno, intorno alle 10,30- secondo una cronaca del tempo, mai confermata- il convoglio subì senza danno un attacco aereo angloamericano. Il ”prigioniero-ospite” fu sottoposto a stretta sorveglianza. Non dormì mai nelle stessa stanza. La mattina del 6 successivo, però, sporgendosi da una della finestre dell’edificio (non più esistente) per farsi la barba, fu riconosciuto da un pastore. In tutta fretta fu trasferito con la funivia

La foto al momento della liberazione

nell’albergo ”Savoia” di Campo Imperatore. Vi giunse all’ora di pranzo. Fu servito nella grande sala dalla impacciata ed inesperta Elisa Moscardi, la ”Lisetta” delle cronache e della storia degli ultimi 60 anni. A sera per la cena, ritrovandosi ancora solo, invitò al suo tavolo il tenente Faiola e l’ispettore Gueli ai quali si aggiunse successivamente Domenico Antonelli. Con loro si intrattenne spesso nei giorni seguenti a conversare oppure a giocare a carte. Nelle ancora tiepide mattine settembrine, faceva brevi passeggiate intorno all’albergo. Erano le 14 quando il maggiore Mors e i suoi uomini avevano già occupato la base della funivia che portava all'albergo. All'improvviso qualcuno lanciò un grido " eccoli, eccoli ", da tremila metri, silenziosi, dieci alianti stavano planando. Il ruggito dell'aria si fa più forte e di colpo gli uomini toccarono terra con un rumore assordante. Skorzeny uscì con l'arma in mano, lasciandosi cadere su un fianco, erano ad una quindicina di metri dall'albergo. Tutti corsero verso l'obbiettivo, le SS scelti per il loro coraggio,avevano l'ordine di non sparare se non ve ne fosse stata la necessità. Arrivati al primo piano disarmarono i soldati italiani a guardia del Duce. Dodici minuti dopo lo sbarco, l'operazione era conclusa e Mussolini era liberato. " Duce il mio Fuehrer mi ha inviato da voi per liberarvi" disse Scorzeny e il Duce lo abbracciò. Intanto erano arrivati anche gli uomini del maggiore Mors e anche 

 

il maggiore dei paracadutisti si presento ricevendone un abbraccio. Furono scattate le fotografie di rito e al duce si disse che doveva salire sull'aliante, dietro il pilota per esser trasportato prima a Pratica di mare e poi con un aereo a Monaco. Mussolini controvoglia e rassegnato si avviò verso la piccola "cicogna" che disponeva di due posti, il pilota, il capitano Gerlach e il passeggero. A questo punto secondo le disposizioni impartite dal generale Student, l'aereo avrebbe dovuto l'areoporto, dove un Heinkel era pronto per il successivo trasporto del Duce. Tutti i paracadutisti e lo stesso Scorzeny avrebbero raggiunto via terra la base di partenza. Ma Scorzney aveva altre idee.Se avesse lasciato Mussolini involarsi da solo fra le giogaie del Gran Sasso non gli sarebbe rimasto in mano niente, così, quando già il motore della "cicogna" era acceso, si avvicinò al pilota e pretese di essere trasportato anche lui, nonostante Geralch cercasse di dissuaderlo.L'aereo era un biposto e il decolo era già difficile con due passeggeri figurarsi con tre. Scorzney si impose d'autorità e salì a bordo sistemandosi dietro al Duce con le gambe che erano sistemate sotto le sua ascelle, restando con tutto il busto fuori dalla carlinga. Era la prima volta che un aereo tentava di prendere il volo su una pista di trenta passi a oltre duemila metri d'altezza. Per aumentare la velocità di partenza , Gerlach ordinò ai carabinieri di trattenere l'aereo per le ali, mentre lui avrebbe forzato i motori. A un suo segnali i militi lasciarono la presa e la "cicogn" balzò nel vuoto precipitando per 500 metri, poi s'impennò e prese finalmente quota. Novanta minuti dopo atterrava a Pratica di Mare, dove era in attesa il trimotore Heinkel che li avrebbe trasportati prima a Vienna e poi a Berlino.

Il generale Student decora il maggiore Mors (il più piccolo al centro) e gli atri ufficiali paracadutisti

Nell'ordine da sinistra : il capitano Gorlach, Scorzney e il maggiore Mors

 

 

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